Era da qualche giorno che provavo una certa inquietudine nel vedere le notizie che giungevano dal Tibet. Oggi mi si è stretto il cuore. La repressione cinese è scoppiata violentissima e già si parla di morti ed arresti. I luoghi visitati la scorsa estate, il sacro Jokhang, sono immortalati tra le fiamme delle macchine rovesciate. Le voci parlano di 2 morti, dei monasteri di Sera, Drepung e Ganden assediati. I monaci, quei monaci, picchiati. Il popolo tibetano, ed i buddisti in generale, sono considerati da tutti il simbolo del pacifismo. Il Dalai Lama (oceano di saggezza in tibetano) è stato insignito del Nobel per la Pace. Le immagini che ho davanti agli occhi sono di persone serene, tranquille, sempre pronte a sorridere, curiose della nostra presenza. Persone indifese, semplici, povere. Intorno a loro tanti militari e poliziotti cinesi. Avevamo notato la presenza di grandi caserme intorno ai principali monasteri ed avevamo intuito a cosa servivano. "A difendere i monaci" ci aveva detto la nostra guida tibetana. Ed aveva sorriso come sempre. Forse per l'imbarazzo di dover raccontare simili bugie. In Asia fanno così. Ho l'immagine dell'improvviso trambusto una sera lungo il Barkhor provocato da un gruppetto di tibetani che avevano creato un piccolo assembramento. La polizia si era subito mobilitata correndo e sgommando con le auto. Davanti al Jokhang. Per i tibetani è vietato riunirsi. E' vietato parlare del Dalai Lama ed avere sue immagini. E' vietato parlare del vero Panchen Lama, il più giovane prigioniero politico del mondo. Non possono ricevere stranieri in casa. Quando uscivamo da Lhasa la polizia ai check-point ci dava dei foglietti con il tempo di percorrenza sino al controllo successivo. "Per controllare la velocità" ci ha detto la guida con il solito sorriso. Questo era il Tibet "pacificato" dell'agosto scorso, saldamente sotto il controllo cinese! Ed ora come sarà? Tra le persone picchiate ed uccise ci sono anche queste? Dove sarà finito il sorriso di quei monaci, la dolcezza e la mitezza dei loro sguardi? Perchè dobbiamo assistere al genocidio di un popolo, di una cultura antichissima e piena di saggezza e fascino senza fare niente se non commuoverci e piangere lacrime di coccodrillo? Sabbiamo benissimo cosa sta succedendo e di chi è la colpa. E allora diamoci da fare. FERMIAMO LA CINA! Affermiamo il diritto del popolo tibetano a vivere nella propria terra secondo le proprie tradizioni e seguendo le convinzioni religiose, etiche e culturali che le sono proprie. Il diritto di scegliersi le proprie guide spirituali, di far tornare in patria il Dalai Lama. La libertà di espressione. Cose elementari in una democrazia ma non in Cina. BASTA. Diciamo basta alla Cina ed alle continue violazioni dei diritti umani. Fermiamo la violenza. Fermiamo la Cina.
(foto scattate dal sottoscritto nell'estate del 2007)
(foto scattate dal sottoscritto nell'estate del 2007)
link interessanti: BBC news: speciale Tibet
Repubblica: intervista al Dalai Lama
Associazione Italia-Tibet
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