venerdì 16 aprile 2010

"Confesso che ho vissuto"

La morte ci colpisce sempre ma quando muore un ragazzo giovanissimo ci appare più inspiegabile, provoca rabbia, paura, ansia, costernzaione. E quando a morire è un ragazzo ventenne, che "lascia il segno", come Luca Pesci, la sensazione di dolore è più acuta. Ha scritto molti articoli sulla Nazione, compreso l'ultimo di pochi giorni fa, una specie di addio, di testamento. Il suo distacco è stato sereno, senza paura: «La morte è parte integrante dell’esistenza. Così come la realtà è composta dal bene e dal male, la vita è composta di nascita e morte». Il cancro, il gruppo di amici del mitico taxi fiorentino "Milano25", gli articoli, il buddismo, Firenze. "Una finestra d'intelligenza sulla vita", scrive oggi La Nazione.
Consiglio di rileggere alcuni dei suoi articoli come questo ("Combattere la malattia ed aver paura di vivere") e questo ("Firenze è il mio sogno"). Li trovi tutti qui.
Luca mi dispiace davvero, ma nello stesso tempo ti ammiro perchè so che sei morto in pace con te stesso. Non importo quanto vivi, ma come vivi. Grazie.

"Confesso che ho vissuto"
L'ultimo articolo di Luca
Ironia, libertà, amore: così si trasforma il dolore in sorriso

Firenze - A mio parere la vita non è né bella né brutta: siamo noi che sulla base di circostanze esterne la consideriamo tale e siamo sempre noi ad influenzarla. Anche una situazione spiacevole come quella della malattia può essere vissuta o con la giusta tranquillità o con estremo dolore; determinante è il punto di vista con cui possiamo affrontare una qualsiasi situazione.

La mente è in costante movimento, è frenetica. Non è mai proiettata al presente, sempre ad un ipotetico futuro; l’unico punto di riferimento che possiamo dargli è il vivere giorno dopo giorno. Apparentemente è una soluzione tanto banale quanto complicata. Ma se riusciamo a focalizzare la nostra attenzione sulla semplicità delle cose che ci circondano, il peso di una brutta situazione diventa più leggero. Una serata tra amici, un abbraccio, una risata sono cose apparentemente frivole, ma hanno il dono di rilassarci anche quando obbiettivamente non avremo tutti i motivi per esserlo (ma chi lo dice questo?).

Se noi stiamo bene, abbastanza sani da non essere in un letto d’ospedale, che importanza ha l’avere un tumore? Il tumore mi impedisce di guidare, scherzare, camminare, essere autonomo al cento per cento? No, e allora decidiamo di vivere questo, di vivere come persone sane. «La mente è dimora di se stessa: può fare di un paradiso l’inferno e di un inferno il paradiso». Questa citazione è di Milton e la considero un ottimo riassunto di quanto scritto prima.

Un altro aspetto importante è il saper ridere, il non prendere mai sul serio gli aspetti più drammatici della vita. Anzi, è proprio su questi che dobbiamo sforzarci di trovarne il lato comico: non mi stancherò mai di ripetere che la gente ha paura, ha paura di tutto ciò che fa parte della sofferenza. Diamine, dire che i defunti hanno davvero un’aria riposata, che senza una gamba ho i calzini che durano due settimane è una bestemmia? Ma vogliamo smetterla con questi moralismi ipocriti che ci hanno inculcato?

Non prendersi sul serio fa bene: esorcizzare la paura ci consente di affrontare meglio qualsiasi cosa. Vita, morte e felicità La vita è il nome che diamo a quel lasso di tempo che intercorre tra la nascita e la morte di un individuo. Dare una definizione alla grandezza della vita mi pare piuttosto pretenzioso e nessuno scrittore, filosofo o chicchessia ha, a mio giudizio, saputo spiegarne l’essenza.

L’errore comune di molti uomini di pensiero è stato quello di tralasciare la morte, di vederla come un qualcosa di separato dall’esistenza, quando in realtà ne è parte integrante. Così come la realtà è composta dal bene e dal male, la vita è composta da nascita e morte. Senza la morte non ci porremmo il problema di come vivere: non staremmo neanche a chiederci a cosa dobbiamo dedicare la nostra esistenza e dunque non cercheremmo la felicità. Perché dopotutto quello che vogliamo dalla vita è (essenzialmente) essere felici.

Ma cos’è La felicità? Avere un’auto, una donna, una casa? Anche. Questi sono elementi che arricchiscono la nostra vita e ai quali giustamente dobbiamo ambire, ma, in realtà, una volta ottenuti saremo di nuovo al punto di prima. Una nuova auto sarà cambiata dopo qualche migliaio di chilometri; nel frattempo avremo speso dei soldi per ripararla. Con una casa avremo problemi nel mantenerla bene.... Insomma, una volta ottenuto ciò che tanto desideravamo, ecco che nuovi problemi si affacciano all’orizzonte.
Una felicità che non prescinda da circostanze esterne non è assoluta, perché essendo l’ambiente in continuo mutamento lo saranno anche i nostri desideri una volta esauditi.

Una felicità assoluta si basa sulla piena accettazione di noi stessi. Sentirsi liberi dai nostri limiti e superarli; comprendere il nostro valore. Questi sono gli obiettivi a cui dovremmo mirare.
Un modo per verificare la nostra importanza è vedere quanti legami solidi e profondi sappiamo creare.
E’ naturale che se dedico il mio tempo ad aiutare chi soffre otterrò sicuramente qualcosa di positivo: questo perché qualsiasi cosa nasca dall’amore si manifesterà sempre in modo sincero: non c’è razionalità in tutto questo, solo spontaneità.

Il voler spiegare qualsiasi cosa rappresenta una condanna per questa società. E’ vero che attraverso questa mentalità siamo riusciti ad ottenere importanti risultati nei più svariati campi, ma siamo anche diventati dipendenti dalla scienza (intesa come tutto ciò che può spiegare). La realtà è fatta anche di cose che sono inspiegabili: i sentimenti sono un esempio quotidiano, ma anche a livello scientifico ogni nuova scoperta comporta sempre altre domande.

(Luca Pesci, da La Nazione)

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