Oggi il governo cadente ha rifinanziato la "missione di pace" in Afghanistan" (leggi qui), un piccolo impegno economico votato da 340 deputati di tutto l'arco costituzionale, e solo 50 voti contrari. Ovviamente soddisfato il nostro minestrone degli esteri Max D'Alema che ha dichiarato: “Sono lieto che la Camera abbia approvato il decreto che finanzia i nostri militari impegnati in missione di pace nel mondo”. Giusto! E allora parliamo di questa missione di pace. Riprendo un passaggio dell'interessante articolo che ho letto su Peace Reporter.
Specialmente dopo l'11 settembre, le operazioni militari in Iraq e in Afghanistan hanno visto un approccio comunicativo molto problematico da parte dei nostri vertici militari e dei nostri governi. Il primo esempio di 'sordina' sulle operazioni italiane è relativo alla partecipazione all'operazione Nibbio di Enduring Freedom, a Khost, al confine col Pakistan, nel 2003. Per la stampa fu impossibile seguire il nostro contingente, ai giornalisti non fu consentito essere 'embedded'. Un approccio riconfermatosi in Iraq: quando la missione, dopo l'attentato di Nassiryia, si trasformò da intervento di pace, a basso rischio, in una ad alto rischio, ci furono chiusure importanti verso i media. Per un lungo periodo fu impossibile raggiungere Nassiryia per seguire le attività del nostro contingente. Anche nel periodo successivo, i giornalisti che raggiunsero la città vennero chiusi dentro la base, senza poter muoversi e raccogliere informazioni. Enduring Freedom era ed è un'operazione di guerra. Se col governo Berlusconi ci furono chiusure, col governo Prodi la chiusura è totale. Non c'è nessuna possibilità di seguire le operazioni in Afghanistan, per esempio. Da quanto tempo non vediamo un reportage sul nostro contingente a Herat? Almeno un anno e mezzo. A queste difficoltà si aggiunge l'evidente tentativo della Difesa di non far filtrare informazioni sul campo di battaglia dell'Afghanistan occidentale, specie sugli assetti più aggressivi del nostro contingente, e mi riferisco alle forze speciali, agli elicotteri Mangusta e via dicendo. Si tratta di un muro di silenzio totale, determinato anche dal clima politico e dalla composizione di questa maggioranza di governo....
Nei più importanti teatri bellici l'Italia ha spesso schierato truppe e mezzi insufficienti, che hanno lasciato i contingenti più esposti alle offensive di milizie e terroristi. In altri casi sono state messe in campo forze potenti, ma non autorizzate a combattere. Scelte dettate dall'esigenza di essere al fianco dei nostri alleati anglo-americani pur senza correre i rischi politici derivanti da un reale ruolo bellico. Ambiguità che hanno esposto l'Italia a brutte figure con gli alleati senza riuscire a risparmiarci i lutti e le conseguenze dei conflitti. Due governi, di diverso colore politico, hanno cercato di coprire la realtà dei combattimenti
utilizzando la retorica delle "missioni di pace" e delle "operazioni umanitarie" complice anche una censura mediatica senza precedenti in una democrazia occidentale. Anche per questa ragione le vittime militari di attentati terroristici hanno avuto grande visibilità, mentre i soldati distintisi in combattimento e decorati per eroismo sono rimasti sconosciuti.
( brandello dell'intervista di PeaceReporter ad Gianandrea Gaiani, esperto militare, autore del libro "Iraq-Afghanistan. Guerre di pace italiane")
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