giovedì 21 agosto 2008

Notizie dalle Olimpiadi

PECHINO - La censura cinese colpisce ancora, e stavolta tocca ad iTunes della Apple. Il sito per l'acquisto di canzoni ed album non è più accessibile dal paese asiatico: la causa sarebbe un album "pro Tibet" pubblicato online il 5 agosto, tre giorni prima dell'inizio dei Giochi. Nonostante le promesse del regime di Pechino, Internet rimane quindi pesantemente controllato dal governo cinese. L'album incriminato, dal titolo "Songs for Tibet - Art of Piece" è stato prodotto dall'"International Campaign for Tibet", un gruppo di attivisti Usa. Le canzoni, 20 in tutto, sono state eseguite da artisti come Sting, Moby, Ben Harper, Alanis Morissette ed altre star internazionali. (fonte: Repubblica)
QINHUNGDAO - Basta uscire dal villaggio olimpico, attraversare la strada ed entrare in un internet caffè: per demolire l'enorme gioco di prestigio con cui il governo cinese ha illuso il mondo di aver allentato la morsa della censura sul web non occorre fare altro. Se ci si connette a internet da un qualunque posto pubblico, un posto normale, "per cinesi", di quelli che che non hanno niente a che vedere con il matrix olimpico, si scopre che non è vero niente. La censura governativa sui siti ritenuti scomodi c'è ancora, eccome. L'esperimento, fatto tre giorni fa, è stato ripetuto in quelli successivi. Ebbene, ecco il risultato: la pagina della Bbc in cinese, la prima che il governo di Pechino aveva annunciato di aver sbloccato, non si apre. E non si apre nemmeno la pagina di Amnesty International. I blog poi sono un miraggio (lo era anche il mio l'anno scorso ndr). E non funziona nemmeno Facebook. Escluso che si sia trattato di un problema tecnico passeggero: "Qui quelle pagine non le abbiamo mai aperte", spiegano i ragazzi clienti del internet caffè. A fine luglio la Cina era stata costretta ad annunciare il ridimensionamento della censura web dopo la condanna unanime della comunità internazionale. Preoccupati per il pessimo ritorno di immagine, quelli del Comitato olimpico internazionale hanno di fatto obbligato i burocrati del Bocog (il comitato organizzatore) a ritornare sui propri passi e a garantire - come da promessa iniziale - "un'Olimpiade libera". Dopo l'annuncio della retromarcia del governo cinese, in molti si sono chiesti se l'allentamento della censura fosse una misura definitiva oppure se, una volta finita l'Olimpiade, tutto sarebbe tornato come prima. Ma già per il presente la "libertà", come si è visto, non riguarda tutti. (fonte: Ass. Italia-Tibet)

4 commenti:

  1. Nel Tibet dominato dal Dalaï Lama, il potere politico ed il potere religioso erano riuniti in un’unica autorità governativa, diretta emanazione della Divinità.

    A governare era una casta sacerdotale ed un sovrano (Dalaï Lama) considerato come il rappresentante di Dio sulla Terra o meglio, come l'incarnazione del Dio stesso.

    Il Tibet si trovava in una sorta di medioevo feudale, dove il potere sacerdotale era completamente corrotto sul piano politico e assolutamente incapace su quello economico. Ciò implicava il totale ristagno dell'economia e un livello di povertà della popolazione difficilmente riscontrabile in altre parti del mondo. A tutto ciò si andava ad aggiungere una spaventosa arretratezza culturale.

    I dignitari, i nobili, i signori e l'alto clero, meno del 5% di tutta la popolazione, erano proprietari di terre, pascoli e foreste e di quasi tutto il bestiame. Opprimevano ferocemente gli schiavi e i servi che rappresentavano il 95% della popolazione.

    Il popolo era sottoposto a sofferenze intollerabili, viveva in condizioni di estrema povertà per le esorbitanti tasse e imposte, e come non bastasse i dignitari infliggevano a chi osava ribellarsi torture e atroci supplizi.

    I diritti umani erano prerogativa esclusiva della casta privilegiata. I proprietari dei servi e degli schiavi avevano il diritto di affittarli, prestarli, venderli, regalarli o addirittura ipotecarli al gioco.

    Le pagine della storia ci raccontano di quale natura orribile e odiosa fosse quel modello di società, feudale e schiavista, in cui i più elementari diritti dell'uomo erano calpestati da una ristretta casta di eletti che perseguiva soltanto l'arricchimento personale a scapito di tutta la popolazione.

    Questa intollerabile vergogna ha termine nel 1951, con la liberazione del Tibet da parte dell'esercito cinese ed il ritorno di questa regione in seno alla grande Cina. Con il 1959, l'anno delle grandi riforme e dei primi investimenti in quella che è ormai diventata la regione autonoma del Tibet, inizia un periodo di grandi cambiamenti che vanno a toccare tutti gli aspetti della vita sociale.

    L'industria, l'agricoltura e l'allevamento sono sviluppati attraverso piani finanziati dal governo di Pechino, ed è reso totalmente gratuito alla popolazione l'accesso a servizi fondamentali quali l'istruzione e la sanità. E' inutile sottolineare i sensibili miglioramenti del tenore di vita dei Tibetani, che si lasciano così alle spalle l'oscurantismo politico religioso di quella casta di dignitari guidata dal Dalai Lama.

    Con l'inizio del nuovo secolo, lo sviluppo economico e sociale del Tibet ha conosciuto una crescita senza precedenti. Il prodotto interno lordo della regione autonoma ha superato i 30 miliardi di yuans, mentre il PIL pro capite è di 12.000 yuans. La crescita economica tibetana è superiore alla media nazionale cinese ed oggi il Tibet, con la sua produzione di cereali e l'allevamento di carni, è in grado di soddisfare la propria domanda interna.

    Il grande cambiamento avvenuto in questa regione ricorda al mondo che l'abolizione del regime di sovranità del Dalaï Lama, che accentrava nella sua persona il potere politico e religioso in un sistema sociale di tipo feudale e schiavista, e la conseguente applicazione del sistema d'autonomia costituisce la condizione essenziale che permette al Tibet di vivere oggi un grande cambiamento ed un considerevole sviluppo sul piano economico e sociale

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  2. Penso che un popolo debba cercare il cambiamento al proprio interno e quindi il passare da un "oppressore" ad un vero e proprio invasore, non mi sembra sia il segno del raggiugngimento di libertà, democrazia e ricchezza.
    Sonia

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  3. La storia e la letteratura ci hanno tramandato livelli di vita e povertà per noi, ora, impensabili. Nella letteratura dell'800 ci sono romanzi come "I Malavoglia" (ambientato in Sicilia subito dopo l'unità d'Italia), "Le anime morte" (nella Russia di metà 800) o i romanzi di Dickens sullo sfruttamento del lavoro minorile e la povertà (Oliver Twist, David Copperfield, Canto di Natale). Nella civile Europa si viveva meglio? Che senso ha parlare della socità tibetana di due secoli fa? Questo commento l'ho già letto - pari pari - su un altro blog, è solo un copia e incolla. Però dà uno spunto interessante di riflessione. La libertà e la democrazia possono essere imposte con la forza? E' vero che con la repressione cinese sono morti un milione di tibetani su una popolazione di 6 milioni? Che ci sono state rivolte nel '59, nell'87, nel '94, nel 2008? Che il Tibet è rimasto isolato dal Mondo per 30 anni? Che tutti i monasteri sono stati cannoneggiati e le sacre reliquie profanate? Che il Dalai Lama è considerato un "pericoloso criminale che si è macchiato di numerosi omicidi" (anche se ha avuto il Nobel per la pace)? Che il Pancen Lama è stato rapito dai cinesi come afferma Amnesty International? Che i monasteri sono presidiati dall'esercito? Che attualmente in Tibet metà della popolazione è costituita da cinesi han emigrati lì, che controllano tutta l'economia e le ricchezze del paese? L'anno scorso ero in Tibet ed ho visto con i miei occhi tante di queste cose. Questi sono fatti non propaganda. Nella storia si può afferamre tutto e il contrario di tutto. C'è che dice che i campi nazisti non sono mai esistiti e per farlo si basa su dati certi(il cenimento della popolazione ebraica prima e dopo la guerra) per affermare che la shoah non c'è mai stata. Si può anche dire che i cinesi hanno "liberato il Tibet dalle forze imperialiste". Il fatto è che il Tibet era ed è una nazione poverissima, con una cultura popolare incentrata sul buddismo, e sui pochi alimenti che possono crescere ad oltre 4000 metri. Gente pacifica e serena a cui nessuno ha chiesto se erano d'accordo ad essere annessi alla Cina. Un popolo deve poter scegliere. E stai pur certo Hugo che se ci fosse un referendum il 95% della popolazione non starebbe con la Cina. Non si è liberi davanti ad un carro armato!
    Consiglio la visione del film "Tibet, il grido di un popolo".
    PS Grazie Sonia del commento

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  4. E' vero, tutto vero. C'ero anch'io l'anno scorso.
    I monasteri sono tutti stati ricostruiti perchè distrutti dai cinesi a colpi di bombe. Dove prima abitavano 5000 monaci ora ce ne sono 300. Fuori dai monasteri ci sono le caserme dei militari dei cinesi che, il governo dice, "proteggono" i monaci.
    L'altra sera ho guardato il video "temple of love" da questo blog ed ho pianto....al semplice ricordo di uno sguardo dolce della signora al Jokhang che mi ha offerto la sua sedia per farmi riposare. Al ricordo dei monaci che sereni pregavano per tutti noi.
    Se il mondo vuole cancellare tutto questo, in nome di un "progresso" obbligato, allora è seriamente malato...

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